lunedì 27 settembre 2010

In lettura: La guerra dei bottoni e Nicholas Flames l'immortale

Gli ultimi libri letti non mi hanno stimolato alcun commento, per questo motivo non ho molto da scrivere. Ho iniziato altri libri quindi, uno dei quali comprato questa estate in uno dei tanti mercatini di paese. Ho deciso di iniziarlo adesso stimolato da alcune vicende legate all'attualità. Mi riferisco alla stupida idea di insegnare l'arte militare a scuola. Penso che ogni persona di buon senso possa capire che questo provvedimento è ridicolo, soprattutto quando l'eduzione di base, parlo della grammatica, della conoscenza della storia, dell'informatica e le lingue estere, sono tra le più basse in Europa. Vogliamo costruire un esercito di bulli o persone in grado di saper vivere in un mondo globalizzato ed estremamente competitivo?
Questo fatto quindi mi ha fatto venire in mente La guerra dei bottoni di Louis Pergaud. Ammetto di non averlo mai letto, d'altronde non ho letto tanti altri classici che non sto a dire. E' un classico non  molto diffuso mi pare, non l'ho visto neanche sugli scaffali del reparto ragazzi. Lo stesso Pergaud ammise però che non è un libro scritto per ragazzi, quanto un libro con protagonisti dei ragazzi tra cui lui stesso tramite i propri ricordi. E' quindi un omaggio alla propria giovinezza e ai propri dodici anni.
Di questo libro ho letto pochi capitoli e già mi sono fatto una brutta idea. Non tanto per il linguaggio esplicito che anzi gli invidio, io che non ho avuto il coraggio di far dire qualche parolaccia al personaggio principale del mio manoscritto che reclamava invece di poterne dire a bizzeffe, quanto invece per lo spirito di fondo: il gioco della guerra. Su questo ci sono anche dei saggi che non sono riuscito a recuperare. Quindi deciderò poi se parlare di questo libro prescindendo da ciò che è stato già detto da persone più illustri, oppure no.

Un altro libro appena iniziato è I segreti di Nicholas Flamel l'immortale: il mago, il secondo di una saga che sta avendo molto successo. Del primo libro ho già scritto qualcosa. Nonostante i dubbi iniziali devo dire che lo stile di Michael Scott mi piace: è veloce e abbastanza sincero anche se in questo volume sto trovando un po' troppi aggettivi. Rimango dell'idea che un oggetto o una persona debba essere descritta con un solo aggettivo: il migliore. Se ne usi due, nella stessa frase poi, allora c'è qualcosa che non va. In ogni modo la trama mi piace, e chi ha letto il mio blog sa che mi interessano le storie con alchimisti. Anche qualche editor se ne è accorto.
Il terzo, ma non ultimo, libro che sto finendo è Come scrivere un racconto di Jack M. Bickham, edito dalla Dino Audino. Dino Audino è un editore che secondo me traduce buoni manuali, quindi se vi capita di trovare qualcosa di interessante nel suo catalogo provatelo. Questo libro però è meno efficace del precedente che ho letto: Lezioni di scrittura creativa. Capisco che per scrivere bene bisogna studiare, fare esercizi, provare, ma è praticamente impossibile seguire alla lettera i consigli dell'autore: troppo noiosi! E poi non c'è spazio per quel minimo di improvvisazione che forse rende migliori le storie. E le storie dichiaratamente scritte a tavolino mi fanno storcere il naso.

4 commenti:

Magenta ha detto...

il link non porta all'articolo, correggilo

Mirco ha detto...

Hanno cambiato il link. L'ho ripristinato.

Ariano Geta ha detto...

Condivido in pieno l'ultimo capoverso del post. Rivedere e correggere ok, ma scrivere "a tavolino" è odioso. C'è anche chi riesce a farlo bene, ma immagino che sia solo per certe collane stile harmony o i grandi gialli.

Mirco ha detto...

Quando ho provato a scrivere io così non ho concluso più nulla. Non è il mio metodo. Mi basta un canovaccio e delle idee da portare avanti.