Un post scritto sul blog
http://31ottobre.blogspot.com/ riguardante una risposta di Umberto Eco ad uno scrittore in erba che gli aveva chiesto di leggere un manoscritto, mi ha fatto pensare una cosa: che nessuno si mette dalla parte degli autori, di quei ragazzi, ragazze, uomini e donne che impiegano mesi per scrivere un romanzo e che lo spediscono con la consapevolezza che non avranno mai risposta. Non parlo di quelli che non sanno cos'è una d eufonica, che finiscono di scrivere alle dieci di sera e alle dieci e cinque hanno stampato e impacchettato tutto, parlo di chi conosce le regole basi del buon rapporto con un editore, quelle regole implicite che dobbiamo rispettare per essere presi in considerazione: scrivere una buona lettera di presentazione, correggere e rileggere il proprio scritto, farlo leggere per avere altri giudizi, ecc..
Nonostante questo una risposta non ci è dovuta.
Per questo ho deciso di scrivere la seguente lettera aperta agli editori.
Cari editori,
non sto scrivendo per elemosinare una pubblicazione. So benissimo che se anche dovesse succedere un tale nefasto evento, dovrei comunque partecipare a tutti i concorsi statali e trovarmi un vero lavoro se voglio tirare avanti.
Vi scrivo per elemosinare una risposta.
Non sono tra chi pensa che il proprio manoscritto sia un capolavoro, i Promessi Sposi del ventunesimo secolo; non sono, ahimè, il Gadda che state aspettando. Sono soltanto una persona umile e, credo, abbastanza seria quando scrive.
Per questo motivo non vi chiedo di pubblicarmi, chiedo semplicemente una risposta, che sia positiva o negativa. Spedire un manoscritto è diventato una spesa quasi insostenibile. Ci vogliono circa dieci euro per stampare un manoscritto di centocinquanta pagine e altri cinque per l'imballo e la spedizione per un totale di quindici euro. Siete tante, care case editrici, se dovessi mandare a tutte un manoscritto del genere dovrei vendere un rene. E purtroppo ne ho soltanto due.
Potrei considerare quei quindici euro un investimento se fossi sicuro che il plico arriva a destinazione. Non faccio qualunquismo, però siamo in Italia e le Poste risentono di quegli alti e bassi che ogni attività poco sorvegliata ha. Cosa chiedo? Un'email. Tutti nella loro lettera di presentazione specificano un indirizzo email. Copiare e incollare quell'indirizzo e rispondere “No grazie non ci interessa” è questione di secondi. Si possono spedire anche cinquanta email alla volta. Non è un investimento importante in termini di soldi e tempo e credo che, in fondo, ci sia dovuto. Se poi qualcuno se la prende, beh, ignoratelo, non merita altra attenzione e non merita che a causa sua venga a mancare quel piccolo gesto che molti autori aspettano trepidanti.