martedì 15 settembre 2009

Una nuova fenomenologia di Mike Bongiorno?

Mike Bongiorno è morto recentemente e la tv italiana ha perso uno dei padri fondatori. Non entro nel merito delle doti umane, cosa che non potrei sapere se non per sentito dire, vorrei invece riproporre un testo di Umberto Eco pubblicato nel 1961 e inserito nel celebre Diario Minimo.
La Fenomenologia di Mike Bongiorno ha gravato sulla testa del presentatore per tutta la vita marchiandolo in maniera definitiva come prodotto di una sottocultura televisiva, inutile e lontana dalla vera cultura “alta” e altra di cui Eco indubbiamente fa parte.
La definizione di everyman che Eco gli conferisce, in contrapposizione al superman (il superuomo sicuramente più fumettistico che nietzschiano), ha indubbiamente una valenza negativa e lo colloca nei livelli più bassi della catena evolutiva umana, con un'intelligenza appena sufficiente per garantire l'autoconservazione.
Quarantotto anni dopo il testo di Umberto Eco è ancora lì. Siamo sicuro però che avesse ragione?

La televisione da allora è cambiata. Quella di Bongiorno (all'epoca di Lascia o Raddoppia) era una tv molto ingenua e infantile. Erano i primi vagiti di un nuovo modo di comunicare idee e informazioni.
Eco critica il modo di porsi di Bongiorno nei confronti della cultura e dei concorrenti. È un atteggiamento velatamente classista e palesemente riverente verso chi è portatore di sapere (quella dei quiz di solito è cultura nozionistica). I telespettatori, secondo Eco, vedono in Bongiorno l'everyman quindi, l'uomo qualunque, e non subiscono in questo modo la presenza di chi cerca di inculcarti la propria superiorità intellettuale e culturale. Una pressione che, a pensarci bene, era stata esercitata fino a dodici anni prima: fino all'8 settembre 1943.

È il 14 settembre del 2000 e su canale 5 va in onda la prima edizione del Grande Fratello. Nel frattempo la televisione è cambiata (non necessariamente evoluta) e ha visto nascere le reti commerciali.
Il Grande Fratello sancisce la nascita del reality show e ci insegna un'ovvietà che nessuno aveva il coraggio di ammettere: non tutto quello che si vede in televisione è vero.
Messo di fronte a questa dura verità il telespettatore si interroga su tutto ciò che ha visto negli ultimi anni, almeno fin quando la memoria glielo permette. Però, c'è un però, si ferma troppo presto e tralascia la tv degli esordi, quella ingenua (mi verrebbe da dire la televisione-bambina) degli anni '50. Chi mai potrebbe accusare un infante di omicidio? L'assassino casomai è sempre il maggiordomo. È così che vogliono gli scrittori di gialli, quelli pigri almeno.
Mike Bongiorno quindi, in tutti quegli anni, potrebbe aver recitato la parte dell'everyman. Il pubblico aveva bisogno di rassicurazione e aveva bisogno altresì di non sentirsi inferiore. Era un pubblico pressoché analfabeta che si riuniva nei bar e nelle case del popolo per vedere “la radio che si vede”. Quando si metteva di fronte al televisore voleva sentirsi pacificato con se stesso e voleva dimenticare le estenuanti ore trascorse in fabbrica o nei campi.
Mike Bongiorno ha interpretato la parte dell'everyman alla perfezione e ha condotto gli italiani verso gli anni del boom. Il maestro Manzi, in quegli stessi anni, tentava di tappare le falle di un sistema che aveva reso gli italiani semianalfabeti incoraggiandoli con un entusiastico “Non è mai troppo tardi” (1).
Non è mai troppo tardi per capire che Mike Bongiorno ha dato all'Italia quello che l'Italia voleva e forse la definizione di medioman (2), anzi everyman, non dico che sia superficiale (figurati se potrei mai definire così un saggio di Eco), ma è sicuramente datata. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa Umberto Eco a cinquantanni di distanza, tra crisi economiche, libertà di informazione in discussione, reality e talk show fasulli e mescolanza congenita di cultura alta e cultura bassa. Alla luce di tutto questo Mike Bongiorno è un uomo qualunque o un precursore della moderna televisione?

(1). Non è mai troppo tardi è il titolo di una trasmissione condotta da Alberto Manzi che aveva come fine insegnare ai telespettatori a leggere e scrivere.

(2). Medioman è un personaggio interpretato da Fabio De Luigi.

Diario Minimo. Link IBS

3 commenti:

Ariano Geta ha detto...

Condivido in pieno. Bongiorno non mi ispirava simpatia, ma Eco ancora meno. Il Mike nazionale in fondo faceva quel che doveva fare: il presentatore di un programma televisivo di intrattenimento. Il fatto che i concorrenti rispondessero a domande di cultura non ne faceva un programma "culturale". Restava uno spettacolo televisivo, e come tale non poteva essere pedante. La cultura in televisione é un'altra cosa (anche se purtroppo se ne vede sempre meno...)
E facendo il confronto con la tv di oggi... beh, apparte lo schifo imperante, se ci limitiamo al suo settore, ossia gli attuali presentatori di telequiz, non mi sembra che Jerry Scotti e Carlo Conti si pongano in modo tanto diverso rispetto a lui. Forse perché la "formula" di Mike, televisivamente parlando, era giusta. E poi sarei curioso di vedere quanta audience avrebbe un programma a quiz presentato da Umberto Eco...

Mirco ha detto...

E' giusto che Eco la culutra la faccia con i libri, articoli e all'università. A ciascuno il suo. Tra l'altro sono spesso d'accordo con quello che dice, in questo caso quel pezzo lo trovo opinabile. Ce ne sono altri di cui poi mi piacerebbe discutere presi da Le bustine di Minerva

Ariano Geta ha detto...

Sempre disponibile per ogni tipo di discussione su queste inutili questioni socio-mediatiche (le preferisco rispetto alle utilissime disquisizioni su Miss Italia e Sanremo).
Certo sarebbero più stimolanti fatte al tavolo di un bar con un cappuccino davanti, ma anche via blog possono andar bene ;)