Dopo la morte di Giovanni Giudici avevo detto che per me Zanzotto era l'ultimo poeta e che nessuno dopo di lui riuscirà più a farmi interessare alla poesia. Ecco, a novantanni se ne andato pure lui portandosi dietro la tradizione poetica italiana. Almeno per me, lettore comune.
Se poi uscirà fuori qualcuno che riesca a farmi ancora leggere qualche strofa, ben venga. E' un po' difficile, sarà che ho cambiato le mie abitudini di lettura e di approfondimento; sarà che la poesia, così come Zanzotto, l'ho conosciuta durante l'adolescenza, periodo di profonda ricerca interiore. E in questa ricerca il poeta per chi ama leggere ne è una voce. E la poesia è quell'urlo che ti richiama verso te stesso.
Ho letto qualcosa di poeti locali. Credo che siano anche bravi, ma nessuno di essi, al di là della proloco del proprio paese che finanzia le raccolte e qualche incontro in librerie indipendenti, ha e forse avrà mai la stessa visibilità di un Zanzotto o di una Alda Merini Eppure la poesia è una, e almeno questa non dovrebbe essere distinta in mainstream e no. Zanzotto era tra i poeti laureati, riconosciuti, e forse meritava anche il sommo premio se non fosse che l'accademia norvegese riesce sempre a contraddistinguersi per la ricerca di autori sconosciuti ai più. Anche il nobel ha bisogno di marketing.
E forse anche la poesia ha bisogno di un po' di marketing.
mercoledì 19 ottobre 2011
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