Divergenza
– Non era più lui – disse alla signora Orlando – non era più l’uomo che conobbi un anno fa in un pub di trastevere. Sorridente, socievole e in pace con la vita.
Era la prima volta che Laura raccontava quella storia. Sospirò e decise di togliersi il peso dallo stomaco finalmente, dopo tre mesi in cui era rimasto dentro di sé come il cancro che si era portato via il marito della signora Orlando. Sfiorò con il dorso di un indice l'occhio sinistro, dove una ferita pulsava dal dolore.
– Riccardo poi non lo voglio neanche sentire nominare – disse a un certo punto – Dopo quello che mi ha fatto e quello che diceva di me, non voglio sentire più il suo nome. Sono stata ingenua a pensare che avrebbe lasciato sua moglie.
Tornò a pendere il cucchiaio, pescando un po' di zucchero da una ciotola bianca ricamata con fiori azzurri. Rovesciò lo zuccherò nel caffè, ripose il cucchiaio accanto alla tazzina e prese a fissare il filo di fumo che saliva. Aspettava che si freddasse un po', ancora un po' prima di berlo. La signora Orlando, o sarebbe meglio dire la vedova Orlando, la guardava pazientemente.
– Ti piace questo appartamento? – le chiese guardandosi attorno.
– Molto – rispose Laura – Non è grande come la casa di campagna, ma è molto funzionale.
– Certo, non mi serve tanto spazio. Mi spiace soltanto di non poter più coltivare, o imparare a farlo.
Ci fu una pausa in cui la signora Orlando storse le labbra raggrinzite e guardò verso il tovagliolo ben sistemato sulla destra della tazzina del caffè. Scosse la testa e tenne a forza gli occhi serrati.
– In realtà comincio a sentire la mancanza di mio marito – sospirò poi.
– Mi piacerebbe poter dire la stessa cosa – disse Laura accennando un sorriso. Soltanto dopo si rese conto che suo marito era vivo, non era stato rosicchiato ai polmoni dal cancro, non aveva dovuto chiamare un'agenzia di pompe funebri, decidere in quale bara seppellirlo, telefonare ai parenti e ricevere da loro le più sentite condoglianze. Le era stato sufficiente dire che se voleva poteva andarsene e che non lo sopportava più.
– Scusami non volevo...
– Certo che non volevi, non ti preoccupare. Sai, avrei preferito vendere a lui la casa
Laura scosse la testa con decisione.
– Marco era diventato paranoico. Continuava a dire che suo padre lo perseguitava, che tutte le cose strane che gli succedevano erano dovute a lui. Credo che quella storia di suo marito che le parla dall'aldilà, dell'empatia e quelle cose lì, l'abbia scosso profondamente, lo sa?
Laura prese la tazzina di caffè e lo bevve tutto in una volta. Freddo e poco zuccherato, era rimasto di fronte a lei per più di mezz'ora.
– Prima di andarsene si è collegato alla sua Adsl ma c’era un guasto sulla linea ed era molto lenta. Se la prendeva con il padre che lo tormentava. Quando il problema fu risolto tornò a essere l’uomo di sempre, gentile e affettuoso. E’ stupido pensarlo, ma sembrava che il suo umore dipendesse dalla velocità della linea, e se era lenta, Dio ce ne scampi! Bestemmiava, urlava, rompeva tutto quello che trovava sotto mano… una volta mi ha picchiato anche. Pensavo che fosse il mio destino essere picchiata, pensavo di meritarmelo in fondo. Un giorno, un anno fa, mi prende e mi dice: “Senti, io devo lavorare, non posso continuare così. Torno a Roma, lì ho la fibra ottica, tu fai come cazzo ti pare”. Non l’ho più sentito.
La signora Orlando si alzò con la tazzina del caffè in mano che tremava, una mano poggiata sul tavolo, e la schiena sempre più curva.
– Lascia, faccio io – disse Laura poggiandole una mano sulla spalla. La signora Orlando tornò a sedersi. Sorrise. Lei prese le tazzine e le sistemò nella lavastoviglie. Sospirò, affaticata, tenendo una mano all'altezza dei fianchi. Chiuse la lavastoviglie.
– Quando partirai? – le chiese la signora Orlando con aria serena.
– Presto, sabato mattina. Sono venuta a salutarti per questo motivo. Venerdì scade il contratto e ovviamente Riccardo ha fatto in modo che non mi fosse rinnovato.
Laura si voltò di lato. Osservò allo specchio quel corpo che negli ultimi anni aveva odiato e che adesso doveva imparare ad amare di nuovo. Poi accarezzò l'ombelico sotto la maglietta.
Qualche minuto dopo si congedò dalla signora Orlando. Era stanca e voleva mettersi a letto subito dopo cena. La signora Orlando la abbracciò come avrebbe abbracciato una figlia. Laura le disse che le avrebbe fatto avere sue notizie. Nonostante la promessa di tornare presto a trovarla, non lo fece mai.
Laura spense l'iPod quando arrivò al termine di “Parole parole”. La voce calda di Alberto Lupo le ricordava quella di suo padre. La voce di sua madre invece era tutt'altra cosa, almeno così le sembrava di ricordare. Non aveva la stessa ferma consapevolezza di essere ingannata. A differenza di Mina non si rese mai conto che essere tradita e picchiata non faceva parte della normale vita di coppia.
Un auricolare scivolò via dall'orecchio cadendo sul cuscino. Un attimo dopo, al suo posto, sentì la punta calda e umida della lingua di Riccardo.
– Smettila – disse infastidita.
– Dammi il tempo di ricaricare e sono tuo – rispose lui. Le accarezzò la testa, poi scese sul seno e si fermò poco più giù.
– Hai messo su un po’ di pancetta, eh! – disse stiracchiandosi nel letto. Laura si voltò e lo guardò fisso negli occhi un'ultima volta.
– Sono incinta – disse con un tono di voce freddo.
mercoledì 7 luglio 2010
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2 commenti:
Rispetto alla versione breve il finale qua mi pare più aperto, non c'è il compiacimento della protagonista nell'essere incinta come se fosse stata una cosa deliberatamente cercata, qua sembra più una cosa che "è successa", punto, e adesso in qualche modo Riccardo dovrà rimediare...
Però avrei aggiunto una piccola appendice per il protagonista maschile, magari alle prese con problemi di concentrazione sul lavoro, a Roma, e la vaga sensazione (consapevolezza) che la "connessione persa" non era solo l'adsl ma il suo contatto con il quotidiano...
sì, la tua chiave di lettura è esatta. Però ho voluto ridimensionare la questione dell'adsl per dare più spazio agli altri personaggi e alla sottotrama della casa.
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